Energy & Water Executive Agenda 2025 | Blue & White Certificates: Ripensare la sostenibilità come leva di politica industriale per utility e imprese innovative

Insight · 14 Luglio 2025

Executive Summary
Nel 2025, la sostenibilità è diventata la nuova geografia della competizione industriale. Non è più una voce di compliance, ma una scelta di posizionamento. Eppure, gli strumenti di incentivo più rilevanti — i certificati bianchi (TEE) e i nascenti certificati blu (CERBI) — rimangono una leva latente.
Ostacolati da iper-regolazione e frammentazione normativa, non sono ancora riusciti a scalare.
Questo paper propone una roadmap per trasformarli in architravi della nuova politica industriale nazionale: integrati nei business plan, allineati agli obiettivi ESG, catalizzatori di capitali, innovazione e competitività nel settore acqua, energia e industria sostenibile.

1. Sostenibilità industriale: da adempimento a vantaggio competitivo
Le aziende che trattano la sostenibilità come semplice conformità normativa si espongono a un rischio strategico crescente. Il contesto attuale premia chi integra la sostenibilità nei processi core: gestione intelligente delle risorse, efficientamento energetico e idrico, circolarità.
I certificati blu e bianchi – se ripensati in ottica integrata – possono diventare catalizzatori di competitività. Utilizzati in modo reattivo, post-fattuale, si limitano a compensare investimenti già realizzati. Integrati invece a monte, nella pianificazione strategica, migliorano la bancabilità, riducono il payback e abilitano progetti ad alto impatto ambientale e reputazionale.

2. Il contesto italiano: alta criticità infrastrutturale e bassa maturità regolatoria
L’Italia è attraversata da una doppia tensione: da un lato l’urgenza di colmare il divario infrastrutturale – reti obsolete, perdite idriche, inefficienze gestionali; dall’altro una regolazione frammentata e poco scalabile.
Il sistema dei TEE ha subito negli anni una deriva iper-tecnica che ha penalizzato la diffusione e disincentivato l’accesso. L’introduzione dei certificati blu rischia di replicare lo stesso schema se non si interviene ex ante su semplicità, chiarezza e accessibilità.
Senza una semplificazione reale – non per gli analisti, ma per i soggetti attuatori – non sarà possibile attivare il potenziale trasformativo degli strumenti.

3. Strategia Blue & White: tre direttrici per massimizzare l’impatto sistemico
A. Integrazione nei business plan industriali
I certificati devono entrare nelle valutazioni strategiche e finanziarie già in fase di business planning. Solo così possono incidere su ROI, TCO e bancabilità. Le utility che li considerano a monte accelerano gli investimenti e migliorano la resilienza industriale.
B. Standardizzazione tecnica e operativa
Il fallimento parziale dei TEE è stato causato anche da metodologie complesse e formule incomprensibili. Servono benchmark settoriali semplici, validati e applicabili anche da PMI. L’esperienza Arera dimostra che una semplificazione per il regolatore non equivale a semplicità per l’utente.
C. Estensione ai settori industriali virtuosi
Molte imprese fuori dai contesti regolati stanno già investendo in impianti a ciclo chiuso, riuso reflui, sensoristica, efficienza idrica ed energetica. Escluderle dagli incentivi significa ignorare chi innova sul serio. Serve un’estensione del perimetro incentivabile, premiando chi genera valore ambientale prima ancora che economico.

4. Che cosa fare subito: priorità operative per sbloccare il potenziale dei certificati
Per Governo e policymaker
• Definire una strategia nazionale unificata su efficienza idrica ed energetica.
• Superare la logica dei silos (TEE vs CERBI) e integrare i certificati nei piani industriali nazionali.
• Allineare incentivi, PNRR e Green Deal, promuovendo partenariati pubblico-privati ad alto impatto.
Azione chiave: istituire entro sei mesi un tavolo interministeriale (MASE, MIMIT, MEF, ARERA) per armonizzare risorse e norme.
Per ARERA e MASE
• Adottare tassonomie settoriali, semplici e validate.
• Attivare una piattaforma unica e interoperabile per gestione, richiesta e tracciabilità.
• Estendere l’accesso anche a PMI, soggetti innovativi e aziende non regolamentate.
Azioni concrete:
• Pubblicare entro 3 mesi una lista di 20 interventi tipo, con criteri chiari e impatti stimati ex ante.
• Attivare una corsia veloce (“fast track”) per progetti sotto i 100.000 euro, con esito in 30 giorni.
• Applicare KPI semplici ed esigibili
Nota metodologica: evitare formule indecifrabili, tipiche del linguaggio Arera. La semplificazione deve servire chi implementa, non chi la scrive. La complessità regolatoria ha già penalizzato i TEE e le tariffe idriche. Non ripetiamo l’errore.
Per utility e aziende industriali
• Integrare la leva incentivi nei business case e nei budget triennali.
• Costruire KPI interni coerenti con i certificati per misurare impatti.
• Sviluppare modelli “incentive-ready”, adattabili e scalabili.
Azioni concrete:
• Inserire nei budget un cruscotto “incentivi” con obiettivi misurabili.
• Collegare incentivi a performance ESG e piano industriale.
• Monitorare: % CAPEX coperto da incentivi, € certificati per m³ trattato o energia risparmiata, numero dossier certificabili/anno

5. Il ruolo delle aziende pioniere
Alcune aziende – in particolare nei settori farmaceutico, trattamento acque, food & beverage, moda e lusso – stanno già adottando soluzioni avanzate:
• impianti a ciclo chiuso,
• riutilizzo spinto dei reflui,
• sensoristica predittiva,
• digital twin,
• monitoraggio avanzato di consumi e perdite.
Queste imprese, pur in assenza di incentivi, stanno innovando il sistema. Se non riconosciute e valorizzate, restano casi isolati, con alti costi upfront e ritorni incerti. Se invece premiate e rese visibili, diventano benchmark di settore e moltiplicatori di impatto.

6. Conclusioni
I certificati blu e bianchi non sono strumenti tecnici: sono leve strategiche. Se disegnati con visione industriale e rigore operativo, possono diventare un’infrastruttura invisibile ma decisiva della nuova competitività sostenibile.
Il rischio? Perderne il potenziale trasformativo, replicando logiche di compliance e silos già viste.
Tre priorità non negoziabili:
1. Semplificare il sistema, rendendolo leggibile, interoperabile e pronto per essere scalato.
2. Valorizzare gli innovatori, premiando chi ha già scelto la transizione, anche fuori dai contesti regolati.
3. Integrare strategia industriale, regolazione e incentivi, costruendo un’unica architettura abilitante.
Chi saprà agire ora – utility, industrie ad alto impatto, investitori – non si limiterà ad adattarsi. Diventerà protagonista della nuova politica industriale europea. E sarà più attrattivo, più competitivo, più resiliente.

A cura di Andrea Peschiuta
Founder di Envisa

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