Servizio Idrico: visione industriale e scelte strategiche

Insight · 22 Aprile 2025

Gestire l’acqua oggi non significa più “erogare un servizio”. Significa costruire un’infrastruttura industriale, garantire trasparenza, sviluppare competenze, rispondere a sfide ambientali e tecnologiche.
Il Servizio Idrico Integrato (SII) è una leva strategica per la competitività del Paese. Ma troppo spesso è ancora gestito con logiche superate, resistenze locali e modelli organizzativi inadeguati.
È il momento di smettere di tollerare l’immobilismo. È il momento di scegliere.

Servizio Idrico Integrato: quale modello per il futuro del Paese
La gestione del Servizio Idrico Integrato (SII) rappresenta una delle sfide più rilevanti e strategiche per il sistema Paese. Non si tratta solo di infrastrutture, bilanci e adempimenti normativi: il SII è una leva industriale, sociale e culturale. È una questione di visione, competenze, modelli organizzativi e, soprattutto, governance.
Il quadro normativo di riferimento, definito dal D.Lgs. 152/2006 e dalla regolazione dell’ARERA, consente tre modalità di affidamento del servizio: affidamento diretto (in house providing), affidamento a società mista pubblico-privata e affidamento tramite gara. La scelta della modalità non è una questione formale, ma incide in modo determinante sulla qualità, l’efficienza e l’evoluzione industriale del servizio.

Le tre modalità di affidamento
Affidamento in house
È ammesso solo in presenza di requisiti ben definiti: società a capitale interamente pubblico, sotto controllo analogo da parte dell’ente affidante, operante in via prevalente per lo stesso ente (almeno l’80% del fatturato), e attiva su scala d’ambito ottimale. Non è compatibile con ambiti comunali o sub-provinciali, e richiede la validazione di un piano economico-finanziario coerente con gli standard ARERA.
Affidamento a società mista
Il partner industriale privato viene selezionato con gara pubblica e deve assumere un ruolo operativo concreto. Il pubblico mantiene il controllo, ma si avvale delle competenze del privato per elevare efficienza, qualità e capacità di investimento. È un modello intermedio, che funziona solo quando la governance è ben strutturata e il partner è qualificato.
Affidamento tramite gara
È la forma ordinaria prevista in assenza delle condizioni per le altre due. Si basa su una procedura a evidenza pubblica, con criteri tecnici ed economici. È il modello che più favorisce l’efficienza, la trasparenza e la meritocrazia, soprattutto se accompagnato da una regolazione stringente, come quella imposta da ARERA.

La spinta imprenditoriale è un valore
Con oltre venticinque anni di esperienza diretta nel settore, posso affermare senza esitazioni che – salvo rare eccezioni – i gestori selezionati tramite gara offrono risultati superiori. Non è una valutazione teorica, ma una constatazione oggettiva basata su ciò che accade ogni giorno sul campo.
L’apporto della cultura imprenditoriale al servizio idrico è concreto e misurabile. Dove esistono orientamento agli obiettivi, responsabilità nel ruolo, propensione al miglioramento e capacità di investire, le performance crescono in modo evidente. È un passo avanti che, nelle gestioni in house, anche quelle meglio organizzate, fatica a manifestarsi con la stessa forza.
A rafforzare questa dinamica virtuosa interviene la regolazione di ARERA, sempre più stringente in termini di standard tecnici, economici e qualitativi. È proprio l’incontro tra una governance industriale e una regolazione solida che genera livelli prestazionali elevati e sostenibili nel tempo. Qui nasce il vero salto di qualità.
Eppure, questa impostazione è spesso guardata con sospetto. Una diffidenza che, a mio avviso, non ha basi oggettive, ma risponde piuttosto a logiche ideologiche o difensive. I dati e i fatti dimostrano l’efficacia di un sistema che unisce impulso industriale e regole pubbliche. Parliamo di qualità tecnica, continuità degli investimenti, trasparenza e responsabilità.
Diversamente, nelle gestioni a capitale totalmente pubblico – anche quelle di medie o grandi dimensioni – permane quasi sempre una forma di condizionamento politico, più o meno esplicita. Questa influenza incide su nomine, decisioni operative, scelte strategiche. In un settore così delicato come quello idrico, questo tipo di interferenze è inaccettabile.
È comprensibile che chi gestisce già il servizio in house cerchi di difendere il proprio spazio. Per la politica significa mantenere il controllo, per i manager garantire la stabilità della propria posizione, per i dipendenti evitare cambiamenti o confronti. Ma ciò che conserva lo status quo non è per forza ciò che garantisce il miglior servizio possibile.
Se non fosse prevista la possibilità dell’affidamento diretto, il modello naturale sarebbe la gara. Eppure, paradossalmente, è proprio quello meno utilizzato. Non perché sia meno valido, ma perché gli interessi consolidati hanno avuto – e hanno tuttora – la forza di rallentarne l’adozione. È lo stesso meccanismo che da anni blocca il rinnovamento in altri settori, come le concessioni demaniali o il trasporto pubblico locale.
Il risultato? Si è etichettata come “virtuosa” una soluzione che di virtuoso ha solo la capacità di impedire qualsiasi cambiamento.

La dimensione è strategica
Parlare di efficienza senza considerare la dimensione è un errore strategico. Nella maggior parte dei casi, l’ambito provinciale non è sufficiente per garantire sostenibilità economica e solidità organizzativa. Fanno eccezione solo grandi realtà urbane come Roma o Milano. Per il resto del Paese, l’unica scala realmente efficace è quella regionale o sovraregionale.

Il punto di equilibrio si trova attorno a un fatturato minimo di 500 milioni di euro, soglia a partire dalla quale è possibile attivare economie di scala, pianificare investimenti a lungo termine e strutturare un’organizzazione industriale evoluta. Solo in questi contesti si può attrarre capitale umano di alto livello, riconoscendo compensi coerenti con le responsabilità e gli obiettivi richiesti.
Continuare a rapportare la retribuzione dei dirigenti ai criteri della pubblica amministrazione o agli emolumenti degli amministratori pubblici è fuori contesto. Non ha senso neppure iniziare una discussione su questo punto. Chi guida un’infrastruttura da centinaia di milioni di euro deve essere valutato con parametri manageriali, e premiato sulla base dei risultati, non della staticità del ruolo.
Ma la questione della dimensione non riguarda solo l’efficienza. Riguarda anche l’autonomia. In strutture di scala ridotta, la politica locale conserva un margine troppo ampio di influenza: nelle nomine, nelle strategie, nelle priorità operative.
Solo una governance ampia, strutturata e indipendente può garantire una reale libertà gestionale.
In questo senso, la quotazione in borsa rappresenta molto più di una leva finanziaria. È uno strumento di trasparenza, disciplina e credibilità. Impone standard rigorosi, introduce logiche meritocratiche, e costringe a rendere conto dei risultati. Il mercato non fa sconti. Ma proprio per questo eleva la qualità della gestione e tutela davvero l’interesse collettivo.

Un’organizzazione che valorizza le competenze
La struttura deve essere coerente con l’ambizione industriale del settore. Occorre una società capogruppo forte, idealmente quotata, affiancata da unità operative specializzate in ambiti chiave come gestione delle reti, depurazione, manutenzione, laboratori e innovazione.
Solo una configurazione articolata consente di affrontare la complessità del servizio con visione strategica e solidità tecnica.
Nella gestione del capitale umano, è indispensabile introdurre la rotazione sistematica dei dirigenti apicali tra le diverse società del gruppo. Questo meccanismo promuove l’integrazione delle competenze, amplia lo sguardo manageriale e limita la formazione di assetti di potere statici.
Il dirigente che rimane per tutta la carriera nello stesso contesto organizzativo finisce per irrigidire i processi, non per evolverli.
Non si tratta di introdurre instabilità, ma di favorire la crescita professionale attraverso una mobilità strutturata, all’interno di un sistema ampio, regolato e meritocratico.
In questo quadro, anche la remunerazione assume un ruolo strategico:
un manager adeguatamente retribuito è anche più disponibile a spostarsi, ad assumere incarichi in territori diversi, a seguire percorsi sfidanti e ad apportare valore dove serve. La retribuzione, in linea con le responsabilità, è lo strumento che consente di attivare questa disponibilità con naturalezza.
Solo realtà di scala regionale o sovraregionale possono garantire questo tipo di organizzazione e rendere possibile la nascita di una vera classe dirigente industriale pubblica, dinamica, preparata e orientata ai risultati.
Questo è il futuro. Ogni altra opzione è conservazione.

La politica deve uscire dalla gestione
Quando le dimensioni sono ridotte, l’autonomia gestionale diventa fragile. Ambiti troppo piccoli lasciano spazio a ingerenze, condizionamenti e dinamiche che nulla hanno a che fare con una gestione moderna. La politica locale, in questi contesti, conserva un margine d’intervento significativo: dalle nomine ai programmi operativi, fino alla definizione delle priorità strategiche.
Per garantire indipendenza, serve una scala adeguata e un modello orientato al mercato.
Un sistema industriale che voglia davvero essere tale deve essere autonomo, regolato e sottratto alle logiche localistiche.
In quest’ottica, la quotazione in borsa rappresenta molto più di un’opzione finanziaria. È uno strumento di trasparenza, disciplina e controllo. Espone l’azienda a regole stringenti, impone la rendicontazione pubblica dei risultati, valorizza la qualità della governance e premia chi sa generare valore reale.
Il mercato, per sua natura, non consente opacità né gestioni autoreferenziali: costringe ad alzare il livello e a portare risultati concreti.
Parlo con piena consapevolezza. Ho trascorso quindici anni all’interno di Veritas S.p.A., ricoprendo il ruolo di responsabile dell’ingegneria e della sicurezza della divisione idrica.
In seguito, sono stato Direttore Generale di Emilia Ambiente, società pubblica che opera nell’area occidentale della provincia di Parma.
Negli ultimi due anni ho lavorato come advisor per fondi di investimento e banche, seguendo operazioni di M&A nel settore idrico e analizzando decine di aziende in tutta Italia.
Ho visto da vicino i modelli organizzativi, le scelte gestionali, le culture aziendali.
So cosa funziona, cosa rallenta e cosa non può più essere tollerato.

Modelli virtuosi: Hera, Iren, A2A
In Italia ci sono già modelli virtuosi. Hera, Iren e A2A, ACEA rappresentano casi emblematici di come una governance moderna, una dimensione adeguata e una struttura manageriale solida possano produrre valore pubblico senza rinunciare all’efficienza industriale.
Queste aziende investono, innovano, rispettano gli standard regolatori e, soprattutto, producono ricadute positive e durature per i territori serviti. Rappresentano un benchmark industriale di riferimento, da cui trarre ispirazione per elevare lo standard complessivo del settore idrico in Italia.

Conclusione: una scelta strategica per il Paese
I gestori devono essere:
• selezionati attraverso gare pubbliche, con criteri trasparenti e orientati al merito,
• operativi su scale industriali adeguate, in grado di sostenere investimenti, attrarre competenze e garantire continuità,
• strutturati con modelli regolati, moderni e misurabili, in linea con le esigenze di un settore strategico,
• guidati da professionisti indipendenti, valutati in base ai risultati, non in funzione della stabilità del ruolo.
Questo è il presupposto per assicurare un servizio efficiente, sostenibile e all’altezza delle sfide che abbiamo davanti.
Chi continua a sostenere modelli ristretti, autoreferenziali e condizionabili da logiche esterne non sta difendendo la qualità del servizio, ma solo perpetuando assetti che resistono al cambiamento per convenienza, non per efficacia.
La gestione del Servizio Idrico Integrato oggi non può più essere affidata a visioni localistiche o a formule nate per evitare la selezione.
Richiede una visione industriale chiara, strumenti organizzativi avanzati e una leadership capace di operare in contesti regolati e complessi.
Gestire bene significa costruire valore. Per i cittadini, per i territori, per il sistema Paese.
Il modello da perseguire è competitivo, trasparente, evoluto e costruito per durare.